Come già spiegato nell’articolo sulla concorrenza sleale da parte di un ex dipendente, la concorrenza in sé non è illecita, ma anzi è importante affinchè, all’interno di un mercato, sia possibile scegliere tra aziende più competitive, ovvero in grado di offrire beni e servizi sempre migliori, o più innovativi, a dei prezzi sempre minori.

 

La concorrenza sleale come violazione dell’obbligo di fedeltà

 

L’obbligo di fedeltà è alla base dei contratti di lavoro subordinato, così come stabilito dall’ art. 2015 del codice civile, che così dispone:

“Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio [2106, 2125].”

E’ quindi chiaro come la norma impedisca esplicitamente ad un lavoratore dipendente di trattare affari, sia direttamente, ovvero per conto proprio, sia indirettamente, tramite terzi, con aziende concorrenti di quella per cui lavora in qualità di collaboratore.

Il lavoratore è tenuto altresì a mantenere il riserbo sulle notizie riservate, che se divulgate potrebbero essere di danno per il proprio datore di lavoro, recando viceversa vantaggio alla concorrenza.
Tale articolo riguarda il collaboratore, fintantochè il rapporto non cessa. Come visto, al termine del rapporto lavorativo, tale obbligo di fedeltà cessa, ed è quindi opportuno che l’azienda, per tutelarsi, stipuli un patto di non concorrenza, da osservare anche dopo la fine della collaborazione.

 

Esempi di concorrenza non sleale del dipendente

 

Per capire bene i casi in cui vi è concorrenza sleale, è importante saper operare una distinzione: ovvero saper stabilire tutti i casi in cui un collaboratore non sta mettendo in atto atti di concorrenza sleale.
Vi sono, ad esempio, diversi casi in cui un proprio collaboratore può trattare affari anche con i propri concorrenti. Questo è possibile nei seguenti casi:

Per lavoratori autonomi, che abbiano cioè un contratto di collaborazione, o P.IVA, e per i lavoratori parasubordinati. Tali figure pur dovendo rispettare la riservatezza, e l’obbligo di correttezza verso la propria società committente, non sono tuttavia a rispettare l’obbligo di non concorrenza.

– Il lavoratore subordinato part-time: normalmente, costui potrà prestare i propri servizi anche per un concorrente poiché solitamente un solo lavoro a tempo parziale non consente di ottenere una remunerazione sufficiente. L’importante è che il secondo lavoro non arrivi a pregiudicare il rapporto con il primo datore di lavoro.

 

Esempi di concreti di concorrenza sleale del dipendente

 

Diverse sono le ipotesi che, in concreto, potrebbero verificarsi, dando luogo ad atti di concorrenza sleale.

L’acquisto di quote di partecipazione, da parte di un collaboratore, di un’azienda concorrente di quella presso cui lavora come dipendente. Se tale ipotesi si verifica, secondo la giurisprudenza può dar luogo ad un licenziamento disciplinare, poiché comporta una lesione del rapporto fiduciario, alla base del contratto di lavoro.

Vendita di prodotti dei competitori da parte di un agente di vendita monomandatario.
Se, ad esempio, un venditore che ha un contratto di esclusiva con un grossista di prodotti antinfortunistici, decide di presentare ai propri clienti anche dei prodotti di un competitore, compie un atto di concorrenza sleale, ovvero di sviamento della clientela, oltre che violazione del contratto che, in questi casi, vieta esplicitamente la vendita di prodotti di aziende concorrenti.

Prestazione del proprio servizio, in periodi di malattia, presso azienda concorrente.
Tale attività è illecita anche dal punto di vista penale, perché simulare una malattia e poi farsi retribuire, in nero, da altra azienda, comporta il reato di truffa ai danni dello Stato.

Divulga a terzi segreti aziendali, quali la lista dei clienti, dei prezzi praticati.

Si impossessa di informazioni importanti, magari anche coperte da segreto industriale: elaborati, progetti, disegni, codice software etc.

 

Lo storno di dipendenti quale comportamento sleale del dipendente

 

Lo storno di dipendenti è una pratica attraverso la quale un ex lavoratore sollecita le dimissioni di altri suoi ex colleghi di lavoro, al fine di farsi assumere dal suo nuovo datore di lavoro.
Tale pratica, ovvero assumere dipendenti da aziende concorrenti, non è di per sé una pratica illecita.

Nel nostro ordinamento è una strategia che è liberamente adottabile, al fine di trare vantaggio rispetto ai propri competitor. E’ tuttavia illecita se viene messa in atto con l’animus nocendi, cioè al solo scopo di nuocere l’impresa concorrente, da cui vengono distolte risorse importanti.

Tale volontà di nuocere si desume dalla volontà di impedire al concorrente di essere ancora competitivo, sottraendogli ad, esempio, delle figure chiave, in quanto depositarie di nozioni tecniche, commerciali, frutto di anni di ricerca e di esperienza. Tale sottrazione non ha quindi alcuna finalità, che alterare, a proprio vantaggio, ed in modo scorretto, la regolare competizione sul mercato.

 

I segnali della pratica di storno dei dipendenti

 

La giurisprudenza ha affrontato una casistica vasta, arrivando ad elaborare una serie di elementi indicativi sulla base dei quali opera una presunzione dello storno illecito.

Tali elementi sono:

– Il passaggio contemporaneo, o comunque in un breve lasso di tempo, di dipendenti ad un concorrente
La qualifica di dipendenti, ed il loro particolare valore per l’azienda
– La non semplice sostituibilità degli ex dipendenti
Atti di denigrazione, da parte del nuovo datore di lavoro, del loro ex datore
– Proposte che potrebbero portare alla violazione dell’obbligo di fedeltà, da parte dei dipendenti stornati
– L’attribuzione delle stesse mansioni, presso il nuovo datore di lavoro
– Il mancato rispetto del periodo di preavviso, da parte dei dipendenti dimissionari
– La sottrazione di materiale riservato, documenti etc. dalla precedente azienda
– La destinazione dei dipendenti stornati, alla frequentazione della stessa clientela seguita in precedenza, con il vecchio datore di lavoro

 

Concorrenza sleale del dipendente dimissionario: come difendersi

 

Per poter agire legalmente, e fermare gli atti di concorrenza sleale, occorre produrre le prove.
Occorre quindi dimostrare:

Lo sviamento della clientela, o lo storno di dipendenti
– Il comportamento illecito dell’ex dipendente, o dipendente dimissionario, o ex dipendente
La diminuzione del fatturato, dovuta agli atti di concorrenza sleale

A tal fine, occorre rivolgersi ad un professionista: lo Studio Tecnico Investigativo Aenigma dispone di professionisti preparati, con competenze maturate nell’ambito della tutela delle aziende, del loro patrimonio, non solo materiale, e del loro know-how.

Contattaci subito, se pensi che la tua azienda, in questo momento, sia oggetto di atti di concorrenza sleale, per fissare un incontro gratuitamente, in cui valutare bene la possibilità di intraprendere un’azione legale, ed eventualmente capire insieme come procurarti le prove per agire subito.

Share This